Il presidente Usa Trump si complimenta con il suo pari Erdogan per la “vittoria”al referendum. Ma osservatori dell’Osce e del Consiglio d’Europa parlano di gravi irregolarità. L’opposizione contesta il risultato e nelle città turche migliaia di persone scendono in piazza a protestare
Manifestanti protestano contro il risultato del referendum a Kadikoy (Foto: Reuters)
di Roberto Prinzi
Roma, 18 aprile 2017, Nena News – In barba alle preoccupazioni dei gruppi di monitoraggio internazionali e alle denunce di brogli delle opposizioni turche e di alcuni organismi europei, ieri sera il presidente Usa Donald Trump ha chiamato il suo pari turco Recep Tayyip Erdogan per congratularsi con lui per la vittoria di misura (51,3% contro il 48,7%) al referendum costituzionale di domenica. Una “vittoria” su cui restano gravi sospetti d’irregolarità: il partito repubblicano (Chp) e quello di sinistra filo-curdo (Hdp) sostengono che il risultato referendario è stato pesantemente condizionato soprattutto dalla decisione della Commissione suprema elettorale (YSK) di approvare, contrariamente a quanto impone la legge turca, le schede che non avevano timbri ufficiali. Sospetti condivisi anche dalla Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) che ritiene tale decisione come possibile causa di brogli.
Le congratulazioni di Trump mostrano il caos che regna a Washington: alcune ore prima dei suoi complimenti, il portavoce del Dipartimento di stato, Mark Toner, aveva ripetuto i dubbi dell’Osce parlando di “irregolarità verificate domenica” e di “condizioni di disparità”tra il campo del “Sì” e quello del “No” durante la campagna elettorale. Toni diversi li aveva invece utilizzati il portavoce della Casa Bianca Sean Spicer che aveva provato ieri in ogni modo a driblare le domande relative alla Turchia. “Hanno il diritto ad avere elezioni in cui partecipa il loro popolo” si era limitato a dire frettolosamente augurandosi che una commissione internazionale possa fare chiarezza sui risultati dell’altro ieri.
Erdogan, tuttavia, è di tutt’altro avviso. Parlando ieri ad un raduno dei suoi sostenitori ad Ankara, il presidente ha definito il referendum “l’elezione più democratica mai vista in un paese occidentale” e, rivolgendosi agli osservatori dell’Osce, ha detto in modo minaccioso “di restare al loro posto”. “Noi non vediamo, ascoltiamo né conosciamo quei rapporti motivati politicamente che voi preparate” ha poi aggiunto chiamando in causa anche i rappresentanti del Pace (Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa). Il “Sultano”, non pago, ha voluto alzare i toni della polemica contro Bruxelles ventilando la possibilità per il suo Paese di avere un referendum sull’adesione all’Unione europea. “Per 54 anni cosa ci hanno fatto fare sulla soglia dell’Ue?!” si è domandato retoricamente prima di ribadire il suo proposito di rintrodurre la pena di morte. “Se il parlamento l’adotterà”, sia chiaro. Una mossa, quest’ultima, che se entrasse in vigore allontanerebbe definitivamente l’ingresso di Ankara nell’Unione europea.
Contro le critiche europee, ma soprattutto contro le richieste dell’opposizione di annullamento del “voto irregolare”, si è espresso oggi il premier Binali Yildirim che ha chiesto al Chp e all’Hdp di rispettare il risultato delle urne. “Gli sforzi volti a gettare ombre sul referendum sono futili e inutili – ha detto – la volontà del popolo si è liberamente manifestata nei seggi perciò la faccenda è chiusa. L’opposizione non può parlare dopo che il popolo ha parlato”.
La telefonata di congratulazioni di Trump è più di un atto formale e dovuto visto il clima di scetticismo generale che avvolge la “vittoria” referendaria del presidente. Il leader statunitense ha voluto mandare tre messaggi. Uno interno rivolto alla sua squadra di governo: l’unico a comandare è lui, la linea da seguire è soltanto la sua. Il secondo è indirizzato ad Ankara: dopo gli ultimi anni difficili con Obama, è arrivata l’ora di mettere da parte le divergenze e di cooperare soprattutto in chiave anti-Stato islamico e sulla questione siriana. Il terzo, e forse più velato, ha come destinatari i paesi europei che in queste ore mostrano più di qualche dubbio sui risultati del referendum: l’agenda politica estera statunitense non ha alcuna volontà di coordinarsi con Bruxelles e non è minimamente interessata alle sue preoccupazioni democratiche (vere?) quando queste possono ledere in qualche modo gli interessi americani. Nel caso specifico, la lotta all’autoproclamato Stato Islamico e la “pacificazione” della Siria.
Resta il fatto che il problema brogli al voto di domenica non è una quisquiglia da derubricare facilmente. Non è semplicemente propaganda politica di un’opposizione turca ancora scottata dalla sconfitta di misura. Intervistato stamane dalla radio Orf , il membro austriaco della missione dei 47 osservatori del Consiglio d’Europa, Alev Korun, ha affermato che più di 2.5 milioni di voti potrebbero essere stati manipolati a causa delle schede non timbrate. Negli scorsi mesi il Consiglio aveva già detto che il referendum era una “competizione irregolare” perché la campagna per il Sì (favorevole all’estensione dei poteri di Erdogan) ha goduto di una copertura mediatica e agibilità politica nettamente superiori rispetto a quelle garantite al “No”. Anzi, spesso non garantite al “No” visto e considerato l’arresto di numerosi giornalisti e la chiusura di diversi media considerati contrari al Sultano. Senza dimenticare, ma non è una preoccupazione europea, la detenzione di 11 deputati dell’Hdp (tra cui i due copresidenti del partito) e di centinaia dei suoi attivisti e membri.
Korun ha anche denunciato gli ostacoli posti dalla polizia a due suoi colleghi nel seggio della città a maggioranza curda di Diyarbakir e ha menzionato i video apparsi sui social media dove si vedono persone votare più di una volta. Accuse, quest’ultime, che devono tuttavia essere ancora dimostrate. “Queste rimostranze vanno prese seriamente in considerazione” – ha sottolineato – perché tali proporzioni rovescerebbero il risultato del voto”. Anche la sinistra con l’Hdp ha fatto sapere che ha già presentato diversi reclami per le schede non vidimate che, in base ai loro calcoli, riguarderebbero 3 milioni di elettori. Un numero enorme se si pensa che corrisponde a più del doppio del margine di vittoria ottenuto da Erdogan.
Le critiche di Korun erano state in qualche modo anticipate ieri da Cezar Florin Preda, il direttore del Pace (Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa) : “In generale – aveva sintetizzato Preda – il referendum non è all’altezza dei nostri parametri. Il contesto legale non era adatto ad un processo democratico”. L’Unione Europea (Ue), dal canto suo, ha chiesto ad Ankara di compiere “un’indagine trasparente” che faccia chiarezza sulle “presunte irregolarità”. “L’Ue – ha detto la portavoce della Commissione europea Margaritis Schinas – sta incoraggiando nuovamente la Turchia ad avvicinarsi a noi e non ad allontanarsi da noi più velocemente”. Posizioni simili sono state espresse dai principali governi europei che hanno chiesto ad Ankara di rispettare l’opposizione e di indagare su quanto accaduto.
Proseguono intanto in diverse città turche le proteste per il risultato del referendum. I primi cortei erano nati spontaneamente già domenica a poche ore dall’esito referendario, ma hanno avuto luogo anche ieri pomeriggio. A Besiktas, nel settore europeo di Istanbul, almeno 1.000 persone hanno marciato per le strade denunciando i brogli al grido di “Abbiamo ragione, vinceremo”. Dalle case presenti sul percorso della manifestazione sono state calate pentole, padelle e utensili da cucina in segno di solidarietà e vicinanza ai manifestanti. Erano 2.000, invece, gli attivisti scesi in piazza a Kadikoy, un altro quartiere della città dove è forte la contrapposizione a Erdogan. Qui i manifestanti hanno intonato slogan come “Non ti faremo presidente” e “Staremo fianco a fianco contro il fascismo” mentre si dirigevano verso gli uffici della Commissione elettorale suprema. Cortei anche ad Ankara e Smirne e in altre parti del Paese. Secondo i media locali, 13 persone sono state detenute nella città meridionale di Antalia in seguito alle proteste. In rete sono ormai virali gli hashtag “Il ‘no’ non è finito” e “Il ‘no’ ha vinto”. Nena News
Roberto Prinzi è su Twitter @Robbamir
http://nena-news.it/turchia-ombre-di-brogli-sul-voto-referendario-turco/
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