“Restiamo umani”. Abbiamo sentito ripetere il motto di Vittorio per giorni ormai, anche da gente che, prima del triste avvenimento, non aveva neanche mai sentito menzionare Vittorio Arrigoni. Eppure ora, queste due parole rimbalzano sulle bocche di tutti. Ma molti si rendono davvero conto di che cosa rappresenti questo urlo? Perché restare umani, detto in Italia, davanti al Tg delle 20.00 che mostra le foto di un giovane sorridente, non ha lo stesso senso che altrove. Sembra semplice, restare umani, quando tutti i tuoi diritti umani sono rispettati e protetti. Siamo liberi: di dire, di fare, di pensare. Liberi di andare a passare un week end a Parigi. Liberi di tornare a casa a trovare i nostri genitori al paesello. Liberi di sposare quella ragazza che abbiamo conosciuto all’estero e di trasferirci con lei a coltivare lavanda in Provenza. Sai che sforzo restare umani.
Un po’ più difficile, restarlo quando i tuoi diritti fondamentali di essere umano sono negati.
Quando con bombardamenti aerei o con irruzioni della polizia ti tolgono il diritto alla vita e alla sicurezza della tua persona (art.3), quando sei un contadino che raccoglie i frutti della sua terra nella buffer zone e ti arrestano e maltrattano per obbligarti a confessare false verità (art. 5 Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo), quando non hai una carta di identità, né un passaporto, non appartieni a nessuno Stato e non sei tutelato da nessuno (art. 6), quando non puoi appellarti ad alcun tribunale per le ingiustizie subite (art. 9), quando non puoi lasciare il fazzoletto di 360 chilometri quadrati in cui hai avuto la sfortuna di nascere o non puoi rientrare nella tua terra natia (art.13), quando non hai cittadinanza (art. 15), quando ti tolgono la casa che hai costruito col sudore della fronte per i tuoi figli (art. 17), quando ottieni il diritto di voto e ciò che tu scegli per il tuo Paese viene boicottato da altri (art.21), quando non hai pane da poter comprare per i tuoi bambini perché non c’è più farina per impastarlo (art. 25), quando la comunità internazionale non protegge il tuo non aver diritti (art. 28), restare umani, ricordarsi di esserlo, è difficile.
Parafrasando un “amico greco”: tutti gli esseri umani hanno dei diritti; i palestinesi non hanno diritti; ergo, i palestinesi non sono esseri umani.
Restare umani, quando si vive in una condizione di “non-essere-umano”, risulta essere un atto miracoloso. Spogliate di ogni singolo diritto umano, costrette ad una condizione disumana, le genti di Palestina illuminano questo mondo con una capacità eroica, restando ancorate alla loro dignità. Potrebbero diventare bestie furenti, arrabbiate, degradate. Invece si elevano, più alte di ogni carnefice, a ricordarci che, anche privato di ogni diritto, un uomo può non perdere mai la capacità di reagire.
I palestinesi, anche inchiodati alla croce, costretti in un Golgota infinito, ci insegnano che un essere umano è più grande di ogni ingiustizia. Chinano la testa come Cristo e subiscono, miti; e perdonano.
Abbiamo passato mesi a Gaza, viaggiato mille volte per la Palestina. Non abbiamo mai visto un palestinese arrabbiato, iracondo, aggressivo. Inspiegabilmente, al di là di ogni umana comprensione, nessuno cerca vendetta. Noi chiediamo vendetta se ci rubano un parcheggio e ammazziamo taxisti se ci investono il cane. Loro subiscono da 130 anni l’umiliazione e la violenza, e non perdono la capacità di aspettare, la forza di accogliere, la gioia di vivere. Loro ci insegnano, ogni giorno, che non sono i diritti che ti rendono Uomo. È un nucleo profondo di dignità e mitezza che arde nel rispetto supremo di se stessi e degli altri.
Vittorio, una bocca scucita, ha urlato al mondo questo comandamento supremo, ma a insegnarglielo, sono state sicuramente le genti di Gaza. Le stesse che hanno mostrato tutto il loro lutto profondo per la perdita di Vittorio. Loro, che davanti a quanto è successo, hanno umilmente chiesto perdono. “La maggior parte degli abitanti di Gaza si vergogna terribilmente per l’incidente” scrive un’amica. “Nell’Islam, i musulmani sono obbligati a rispettare tutte le altre religioni e a comportarsi generosamente con gli esseri umani e a non uccidere mai un innocente”. “Anche noi siamo sconvolti, siamo tutti contro questo, siamo estremamente dispiaciuti, ciò che è successo è contro ogni diritto umano e prima di tutto contro ogni palestinese”, scrive un altro amico. Molti sono stati gli amici che ci hanno scritto in questi giorni. Per dirsi vicini, per dirsi mortificati per l’accaduto, come se fossero loro i colpevoli. E invocano preghiere al loro Dio, per Vittorio e per loro stessi: “Vittorio, perdona noi, tuoi fratelli e sorelle palestinesi, per essere così vulnerabili, davanti ai mali dell’umanità. (…) I nemici dell’umanità sono ovunque e noi abbiamo bisogno di te per imparare a “restare umani”.
“Vittorio, tu sei stato ucciso per una causa in cui credevi ciecamente, in una città che ti ha amato tanto quanto tu hai amato lei, se non di più. La gente di Gaza, della Palestina, e del mondo, prega per te oggi.
Vittorio, possa la tua anima coraggiosa rimanere a ricordarci che il nostro nemico, che si avvicina in molte forme e agisce attraverso volti diversi, è l’ignoranza. Prego perché possiamo avere il coraggio di stare retti, di fronte all’ignoranza, sia essa di Israele o di egoisti assassini.
Possa il tuo ricordo incidere sui nostri cuori e le nostre menti e sulla nostra lotta per la libertà. Possa la tua anima riposare in paradiso.”
Ancora una volta, la Palestina ci stupisce e ci insegna. Ci insegna, che per quanto li si possa privare dei diritti fondamentali, loro SONO Umani.
Letizia per BoccheScucite
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Vittorio Arrigono è morto, ma non invano.
Il suo tam-tam è stato amplificato in migliaia di orecchie e suonato da migliaia di bocche.
Se qualcuno pensava di poter eliminare una persona scomoda in modo violento, ora avrà una brutta sorpresa: vedrà moltiplicare le sue idee. L’odio è contagioso, ma per fortuna anche l’amore lo è.