Un mini-stato. Perchè no?

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Il ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman ha fatto sapere oggi la sua ricetta per risolvere il conflitto insanabile tra israeliani e palestinesi. Uno stato palestinese con confini provvisori, su un territorio che comprende meno della metà della Cisgiordania, ma non Gaza e non Gerusalemme est. E’ così che il discusso ministro degli esteri Avigdor Lieberman ha lanciato oggi la sua offensiva diplomatica, facendo filtrare la sua mappa dello stato di Palestina al quotidiano Haaretz.

Il mini-stato comprenderebbe il 42 per cento della Cisgiordania. Solo le cosiddette aree A e B, cioè le città palestinesi e la cintura dei villaggi, ma non – per esempio – la Valle del Giordano, che anche il premier Benjamin Netanyahu considera fondamentale per la sicurezza militare di Israele (lo ha ricordato a tutti noi giornalisti stranieri accreditati appena qualche giorno fa, quando il premierato ha tenuto la sua annuale conferenza stampa: niente precondizioni per tornare al tavolo del negoziato con i palestinesi, ha detto, ma la presenza militare israeliana nella Valle del Giordano non si tocca…).

Dunque nessuna concessione sul territorio da parte di Lieberman, che secondo Haaretz godrebbe dell’appoggio dei ministri che contano nel gabinetto,  e nessuna concessione sulle colonie israeliane in Cisgiordania, che rimarrebbero così come sono, sotto il controllo di Tel Aviv. A guardar bene, il piano di Lieberman sembra piuttosto un tentativo di fermare l’offensiva diplomatica palestinese per il riconoscimento di uno Stato sui confini del 1967, che ha già guadagnato il sostegno di molti paesi latinoamericani e che pochissimi giorni fa ha ottenuto anche il sostanziale appoggio della Russia. A complicare la situazione per Israele è arrivata tre giorni fa la decisione dei paesi arabi di depositare all’Onu una risoluzione contro le colonie, su cui sembra esserci già l’appoggio di 100 paesi e sulla quale persino Gran Bretagna e Francia si sono detti possibilisti.

Intanto, una risposta indiretta ad Avigdor Lieberman viene dal premier del governo di Ramallah, Salam Fayyad. “Non ci sarà mai uno stato di Palestina che non sia formato da Gaza, Cisgiordania, e Gerusalemme est”, Fayyad aveva detto due giorni fa in un’intervista al Los Angeles Times.

Can you have a state before reuniting?

That’s a major problem. Unless we are able to reunite the country, we’re not going to be able to have a state. The state we are looking for is a state based on the 1967 borders, including Gaza Strip.

Is it time to start thinking about two Palestinian states and give up on hopes of reuniting Fatah and Hamas?

I’m never going to give up on that. It will never be. I believe there will never be a state of Palestine unless it consists of both Gaza and the West Bank, including East Jerusalem. There will never be a Palestinian state without Gaza.

Del riconoscimento parlano anche Rob Malley e Hussein Agha sul New York Times Review of Boooks. E, come sempre, è un’analisi che vale la pena di leggere. Se ogni tanto l’amministrazione Obama sentisse la voce di chi la situazione sul terreno la conosce bene, forse tanti errori non sarebbero stati compiuti, anche negli ultimi mesi. E forse l’amministrazione Obama non ne compirebbe altri, per esempio nel vicino Libano.

Ecco qualche riga di Malley e Agha:

Palestinians have looked for other nonviolent options. It’s a curious list: unilaterally declaring statehood, obtaining UN recognition, dissolving the PA, or walking away from the idea of negotiated partition altogether and calling for a single, binational state. Not one of these ideas has been well thought out, debated, or genuinely considered as a strategic choice, which, of course, is not their point. They are essentially attempts to show that Palestinians have alternatives to negotiation with Israel even as the proposals’ lack of seriousness demonstrably establishes that they currently have none.

Of these suggestions, arguably the most promising is to seek international acceptance of a Palestinian state on the 1967 borders. In the past few months, several countries have recognized such a state and others may follow. The trend is causing Palestinians to rejoice and Israelis to protest, which only makes Palestinians rejoice all the more. Further recognition almost certainly, and understandably, would be seen as a significant achievement and boost Palestinian morale. Should European nations join the list, it could possibly provide the jolt that will force Israelis to reconsider their options.

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