Una Terra, due Stati

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admin | February 18th, 2014 – 12:44 am

 imamgine2

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Ecco, questo è il piano di pace, l’uovo di Colombo. L’unico piano di pace che è possibile, praticabile, realistico, anche se a prima vista utopico. Non potevo parlarne sinora, perché il dialogo in corso tra israeliani e palestinesi aveva bisogno di una sua riservatezza. E quella riservatezza ho mantenuto, per oltre un anno, perché noi che siamo di fuori, noi europei soprattutto, in Medio Oriente siamo capaci di fare molti danni. Ho atteso che Una Terra, Due Stati decidesse di essere del tutto pubblica, anche se alcuni dei tratti importanti del progetto avevo detto già qualcosa negli incontri pubblici ai quali ho partecipato negli scorsi mesi.

Le linee portanti di quello che Two States, One Homeland prevede per Gerusalemme l’ho comunque descritto nelle ultime dieci pagine del mio libro, Gerusalemme senza Dio. Leggete la sintesi che del piano fa Yossi Rapoport, il fratello di Meron Rapoport, il mio più caro amico israeliano. Quando, il giorno prima di lasciare Gerusalemme nel settembre di un anni fa, Meron mi diede alcuni fogli dal titolo Utopia, lo guardai stupita e commossa. Sapevo quanta energia, passione e saldezza etica avesse messo in quelle pagine: la sintesi di un impegno, il compito per il futuro suo e dei suoi figli. E allo stesso tempo mi avvolse il senso di colpa di lasciare Gerusalemme proprio in quel momento. Nel momento in cui, per la prima volta, condividevo tutto di un progetto di pace. Ora che questo progetto è uscito allo scoperto so che, lontano da Gerusalemme, aiuterò lo stesso i coraggiosi che lo hanno elaborato.

Chi sono gli israeliani e i palestinesi che hanno elaborato questo progetto comune? Sono israeliani e palestinesi. Sono uomini e donne che vivono sulla terra sulla quale ragionano. Fuori dall’industria della pace, dall’intellighentsjia della pace che è stata protagonista di questi venti anni della stagione di Oslo. Uomini e donne della base, insomma. Di chi, vivendo una vita normale, sa che la gente che abita quella Terra che va dal Mediterraneo al fiume Giordano con-vive, male e in mezzo a ingiustizie evidenti, quando si tratta di palestinesi.

Il piano considera finito Oslo. Considera impossibile la soluzione di Uno Stato. Prende finalmente di petto la questione dei rifugiati palestinesi. E non vuole trasferimenti, né di terre né di persone. Mette nello stesso dossier coloni e rifugiati. Considera Gerusalemme un corpo unico che non va diviso. Si fonda non sulla separazione, come Oslo. Ma sulla gestione di una Terra che, volenti, israeliani e palestinesi dovranno condividere. È un piano che prevede due Stati, e il legame imprescindibile di israeliani e palestinesi alla stessa Terra, dal Mediterraneo al Giordano. Riconosce dunque a entrambi, a entrambi, il legame con la Terra. E in questo sta la differenza rispetto ai punti di vista precedenti.

È un piano di pace che disturberà molti, che altrettanti considereranno naive (paradossalmente, ne sono certa, lo considereranno ingenuo molti tra coloro che a Gerusalemme non hanno vissuto). A me sembra l’uovo di Colombo. E soprattutto, a differenza degli altri piani, parte da due assunti. Il primo: non è una base negoziale, ma un progetto comune. Il secondo: è fondato sui diritti, individuali e collettivi. Non è poco. Anzi, è il segno della discontinuità.

Una Terra, due Stati

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