Unrwa, Trump e Netanyahu all’attacco del diritto internazionale

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04 set 2018

Il vero obiettivo dell’offensiva di Usa e Israele contro l’agenzia dell’Onu è demolire la risoluzione 194 che sancisce il diritto al ritorno per i profughi palestinesi ai centri abitati d’origine. Sdegno e rabbia tra i palestinesi: resisteremo.

L’ingresso del campo profughi di Aida (Betlemme)

di Michele Giorgio – Il Manifesto

Roma, 4 settembre 2018, Nena News – Non usa mezze parole il ministro della difesa israeliano Avigdor  Lieberman quando esprime il suo punto di vista. Lo provano le sue ultime dichiarazioni. Negoziare con i palestinesi non serve a nulla, spiegava ieri. ‎«Dobbiamo portare avanti la nostra politica da soli‎» ha detto aggiungendo che ‎ogni volta che ha incontrato responsabili dei paesi arabi ‎‎«non c’è stato alcuno che abbia sollevato il dossier palestinese. Non gli interessa‎». Magari ha esagerato ma è andato vicino alla realtà. I palestinesi sono soli, abbandonati anche dai “fratelli” arabi e ingannati da decenni di vuote promesse fatte dai governi delle democrazie occidentali. Perché, domanda Lieberman, Israele dovrebbe sedersi al tavolo delle trattative visto che può fare come crede. A maggior ragione ora che alla Casa Bianca c’è un presidente che ha adottato tutta l’agenda israeliana e che, stando a quanto si è letto in questi giorni, dopo mesi di grandi proclami sul suo “Accordo del secolo” tra israeliani e palestinesi, non pare andare oltre la proposta al presidente dell’Anp Abu Mazen di una confederazione tra palestinesi e giordani, un’idea che sa di rancido e che da oltre venti anni è chiusa nello scantinato della storia. Abu Mazen ha detto agli inviati di Trump che accetterebbe la proposta se ne facesse parte anche Israele. Da Tel Aviv e da Amman è giunto un immediato e secco no. Se il governo Netanyahu non ha alcuna intenzione di dare il via libera a uno Stato palestinese con una vera sovranità e vuole tenersi in un modo o nell’altro tutto il territorio della Palestina storica, da parte sua la Giordania che già ora ha una popolazione in buona parte di origine palestinese e che ospita oltre due milioni di profughi sa che confederandosi con uno staterello palestinese rischierebbe in pochi anni di diventare lo Stato di Palestina teorizzato da non pochi dirigenti israeliani, non solo di destra.

Queste tuttavia sono soltanto manovre diversive per tenere nella nebbia il vero obiettivo che si sono dati l’Amministrazione Usa e il governo Netanyahu: fare a pezzi la legalità internazionale in modo da porre fine a qualsiasi rivendicazione palestinese fondata sulle risoluzioni delle Nazioni unite. Il taglio annunciato la scorsa settimana degli oltre 300 milioni di dollari garantiti sino al 2017 dagli Stati uniti all’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che assiste i profughi palestinesi, non è, come crede qualcuno, una forma di pressione per costringere Abu Mazen ad accettare il piano americano ‎«di pace‎». Piuttosto è un morso velenoso al diritto al ritorno nella terra d’origine per i rifugiati e le loro famiglie. Un passo che, come il riconoscimento lo scorso dicembre di Gerusalemme capitale d’Israele, vuole scardinare la compattezza della comunità internazionale a sostegno di cinque milioni di persone che attendono da 70 anni la realizzazione del loro diritto, sancito dalla risoluzione 194 dell’Onu. Se il trasferimento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme ha poi visto alcuni paesi fare altrettanto e altri ancora (persino europei) prendere in considerazione questa mossa, adesso Trump e Netanyahu si aspettano che altri Stati comincino a mettere in dubbio il ruolo dell’Unrwa e a contestarne i criteri con cui definisce profugo un palestinese. È un assalto senza precedenti al diritto. Non è secondario che i governi israeliani dalla seconda Intifada nel 2000 fino all’ultima offensiva militare contro Gaza nel 2014, stiano insistendo affinché sia rivista la definizione di crimine di guerra compiuto da una “democrazia” impegnata contro ‎«organizzazioni terroristiche» che agiscono in aree popolate. Insomma basta alle condanne per i “danni collaterali” (i civili) delle operazioni di guerra e gli Usa su questo sono d’accordo da lungo tempo.

Gli Usa, ricorda lo storico Ilan Pappe, «furono tra i fautori della creazione dell’Unrwa con l’idea che avrebbe dovuto condurre alla applicazione della risoluzione 194…la decisione di Trump perciò è la rottura dell’impegno preso dagli Stati uniti, in nome degli interessi di Israele e non certo dell’America (che versava i fondi all’Unrwa, ndr)».  Oggi Washington non esita a gettare nella disperazione milioni di uomini donne e bambini e pur di raggiungere i suoi scopi. Lo sdegno e le proteste dei rifugiati si registrano ovunque. Dai campi in Libano e Giordania alla Striscia di Gaza già colpita dalla riduzione di servizi e posti di lavoro da parte dell’Unrwa privata dei fondi Usa (30% del budget dell’agenzia). ‎«È una decisione ingiusta che avrà un enorme impatto sulla nostra vita ma qualunque cosa facciano noi resteremo‎», assicura Hussein Abu Shanaan, 80 anni, residente da decenni nel campo di Baqaa, a qualche chilometro da Amman, con i suoi quattro figli e quasi 20 nipoti. ‎«Se gli americani non vogliono aiutarci, possono restituirci il nostro paese, la terra e le proprietà. Le nostre famiglie un tempo possedevano grandi case, fattorie e animali‎», aggiunge da parte sua Nawja Faraj, 70 anni. Simili le parole che abbiamo raccolto a Gaza.  Naima Abdallah, 46 anni, originaria di Hamam, e Shaban al Burai, 86 anni di Dimra ci dicevano ieri che ‎«Trump e Israele possono toglierci il pane ma non riusciranno ad annullare il diritto al ritorno, la Palestina era e resta la nostra terra».

Per il pittore Jawad al Malhi, del campo profughi di Shuaffat e originario del villaggio di Malha (Gerusalemme), americani e israeliani ‎«non hanno fatto i conti con la determinazione dei palestinesi». Le difficoltà aumenteranno, ha previsto, ‎«e colpiranno una popolazione già molto provata. Ma negoziati, leader politici e trattative segrete non potranno mai costringere i profughi palestinesi a dimenticare la loro storia e di aver subito un torto che solo la realizzazione del diritto al ritorno potrà cancellare».  Nen News

 

Unrwa, Trump e Netanyahu all’attacco del diritto internazionale

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