Usiamo la più recente tragedia in Siria per por fine alla guerra

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REDAZIONE 8 APRILE 2017

 SyrianWar3

di Medea Benjamin e Ann Wright – 7 aprile 2017

Quattro anni fa una massiccia opposizione e mobilitazione dei cittadini ha fermato un possibile attacco militare statunitense contro il governo siriano di Assad che molti predicevano avrebbe reso ancora peggiore il terribile conflitto. Ancora una volta dobbiamo fermare un’intensificazione di quella spaventosa guerra e usare questa tragedia come impulso per una soluzione negoziata.

Nel 2013 la minaccia del presidente Obama di un intervento arrivò in reazione all’orribile attacco chimico a Ghouta, Siria, che uccise tra le 280 e le 1.000 persone. Il governo russo, invece, mediò un accordo con il regime di Assad perché la comunità internazionale distruggesse il suo arsenale chimico su una nave messa a disposizione dagli Stati Uniti. Ma investigatori dell’ONU hanno riferito che nel 2014 e 2015 sia il governo siriano sia le forze dello Stato Islamico si sono date ad attacchi con armi chimiche.

Oggi, quattro anni più tardi, un’altra grande nube chimica ha ucciso almeno 70 persone nella cittadina di Khan Sheikhoun tenuta dai ribelli e il presidente Trump sta minacciando un intervento militare contro il regime di Assad.

L’esercito statunitense è già pesantemente coinvolto nel pantano siriano. Ci sono circa 500 soldati delle Operazioni Speciali, 200 rangers e 200 marines di stazione nel paese per consigliare vari gruppi in lotta contro il governo siriano e l’ISIS e l’amministrazione Trump ha valutato l’invio di 1.000 altri soldati per combattere l’ISIS. Per sostenere il governo di Assad il governo russo ha mobilitato il suo più vasto dispiegamento militare da decenni fuori dal suo territorio.

Questo recente attacco chimico è solo il più recente in una guerra che ha tolto la vita a più di 400.000 siriani. Se l’amministrazione Trump deciderà di intensificare il coinvolgimento militare statunitense bombardando i centri del potere governativo siriano a Damasco e ad Aleppo e di portare i combattenti ribelli a controllare territorio per un nuovo governo, la carneficina – e il caos – aumenteranno.

Guardiamo semplicemente alla recente esperienza degli Stati Uniti in Afghanistan, Iraq e Libia. In Afghanistan, dopo la caduta dei talebani, varie fazioni miliziani che il governo statunitense aveva appoggiato sono corse a Kabul per controllare la capitale e la loro lotta per il potere in successivi governi corrotti ha condotto alla violenza che prosegue 15 anni dopo. In Iraq il governo in esilio del Progetto per il Nuovo Secolo Statunitense (PNAC), guidato da Ahmed Chalabi, si è disintegrato e il proconsole Paul Bremer nominato dagli Stati Uniti ha talmente gestito male il paese da fornire un’occasione all’ISIS di inasprirsi in carceri gestite dagli Stati Uniti e di sviluppare piani per creare il proprio califfato in Iraq e in Siria. In Libia la campagna di bombardamenti USA/NATO “per proteggere i libici” da Gheddafi ha avuto come risultato la divisione del paese in tre parti.

I bombardamenti statunitensi in Siria ci porteranno a uno scontro diretto con la Russia? E se gli Stati Uniti riuscissero a rovesciare Assad quale tra la dozzina di gruppi ribelli prenderebbe il suo posto e sarebbe davvero in grado di stabilizzare il paese?

Invece di altri bombardamenti l’amministrazione Trump dovrebbe esercitare pressioni sul governo russo perché appoggi un’indagine dell’ONU sull’attacco chimico e compiere passi audaci per cercare una soluzione a questo spaventoso conflitto. Nel 2013 il governo russo ha affermato che avrebbe portato il presidente Assad al tavolo dei negoziati. L’offerta è stata ignorata perché l’amministrazione Obama riteneva che fosse ancora possibile ai ribelli che appoggiava rovesciare il governo di Assad. Ciò è stato prima che i russi arrivassero a soccorrere il loro alleato Assad. Adesso è ora che il presidente Trump usi il suo “canale con la Russia” per mediare una soluzione negoziata.

Gli eserciti statunitense e russo hanno già contatti quotidiani per organizzare lo spazio aereo per bombardare le parti della Siria che ciascuno vuole incenerire. Altri ufficiali militari di entrambi i paesi si sono incontrati il mese scorso in Turchia, un paese che ha abbattuto un caccia russo e che ospita aviazione statunitense che bombarda la Siria. Invece di collaborare per spartirsi lo spazio aereo, Stati Uniti e Russia dovrebbero incontrarsi per ideare come imporre un cessate il fuoco.

Nel 1997 il Consigliere della Sicurezza Nazionale generale H.R.McMaster scrisse un libro intitolato “Dereliction of Duty: Johnson, McNamara, the Joint Chiefs, and the Lies That Led to Vietnam,”  a proposito del fallimento dei capi militari nel dare una valutazione e un’analisi oneste al presidente e ad altri alti dirigenti nella corsa del 1963-1965 alla guerra del Vietnam. McMaster accusò quei potenti di “arroganza, debolezza, menzogna nel perseguimento di interessi personali e di essersi sottratti alla responsabilità nei confronti del popolo statunitense”.

Per favore qualcuno alla Casa Bianca, al Consiglio della Sicurezza Nazionale o al Dipartimento di Stato può dare al presidente Trump una valutazione onesta della storia degli interventi militari statunitensi degli ultimi 15 anni e dei probabili risultati di un ulteriore coinvolgimento militare statunitense in Siria?

Cosa ne pensa,  generale McMaster?

[…]

Medea Bejamin (medea@globalexchange.org) cofondatrice di Global Exchange e di CODEPINK: Women for Peace e autrice di un prossimo libro sull’Arabia Saudita, ‘Kingdom of the Unjust’. I suoi libri precedenti includono Drone Warfare: Killing by Remote Control; Don’t Be Afraid Gringo: A Honduran Woman Speaks from the Heart, e (con Jodie Evans) Stop the Next War Now (Inner Ocean Action Guide). Seguitela su Twitter a @medeabenjamin.

Ann Wright è una veterana con 29 anni di servizio nell’esercito/riserva statunitense andata in pensione da colonnello ed ex diplomatica statunitense dimessasi nel marzo del 2003 in opposizione alla guerra in Iraq. Ha servito in Nicaragua, Grenada, Somalia, Uzbekistan, Kirghizistan, Sierra Leone, Micronesia e Mongolia. Nel dicembre del 2001 ha fatto parte della piccola squadra che ha riaperto l’ambasciata USA di Kabul, Aghanistan. E’ coautrice del libro “Dissent: Voices of Conscience”. (www.voicesofconscience.com).

Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/use-latest-tragedy-in-syria-to-end-the-war/

Originale: Common Dreams

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2017 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

 

Usiamo la più recente tragedia in Siria per por fine alla guerra

http://znetitaly.altervista.org/art/22072

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