admin | February 14th, 2011 – 1:55 pm
E’ crisi di governo, a Ramallah. Una crisi di governo pilotata, per consentire all’Autorità Nazionale Palestinese di gestire le elezioni presidenziali, politiche e municipali in programma la prossima estate. Il premier del governo palestinese di Ramallah, Salam Fayyad ha rassegnato stamattina le dimissioni sue e del governo che ha guidato negli scorsi tre anni e mezzo, dopo il coup di Hamas a Gaza e la divisione sempre più profonda dei Territori Palestinesi Occupati . Il presidente dell’ANP, Mahmoud Abbas, ha subito reincaricato lo stesso Fayyad di formare un nuovo esecutivo in tempi brevissimi, entro sei settimane, per continuare il disegno di Fayyad, e cioè il programma per uno Stato palestinese indipendente che possa reggere dal punto istituzionale, e – parallelamente – per gestire la preparazione della campagna elettorale. E’ per questo motivo che il governo non dovrebbe essere formato solo da tecnocrati, e dovrebbe invece vedere un aumento esponenziale di membri di Fatah tra i nuovi ministri. Come questo gioco possa riuscire, è difficile da capire, visto che le tensioni tra Fayyad e Fatah sono sempre state visibili, in questi tre anni e mezzo.
E’ certo, però, che Fatah ha bisogno di concentrarsi sulla base di consenso e sulla gestione del potere, in un momento estremamente critico come questo. I venti di Tunisi (che ospitò l’OLP in esilio, prima del 1994 e del rientro della leadership nei Territori Palestinesi occupati) e soprattutto del Cairo hanno suscitato molte preoccupazione, a Gaza ma soprattutto a Ramallah. E’ infatti Fatah a rischiare di più con la caduta di Hosni Mubarak e i cambiamenti epocali in corso in Egitto. Mubarak, patron di Fatah da decenni, era anche un sostegno determinante a Ramallah come cuore del potere dell’ANP, soprattutto sul dossier della riconciliazione. Dossier nel quale l’Egitto, attraverso il mediatore per eccellenza, Omar Suleiman, non è mai stato considerato un attore neutrale, bensì un mediatore che aveva da sempre sposato una delle parti in causa, e cioè Fatah.
Ciò che è successo al Cairo, la caduta di Mubarak, le picconate inferte al suo regime, non può dunque non avere i suoi contraccolpi nella politica palestinese. E i suoi effetti già si vedono. La crisi di governo a Ramallah è solo l’ultima, nelle serie di decisioni politiche importanti prese a Ramallah in appena tre giorni. Prima le dimissioni da capo dei negoziatori palestinesi di Saeb Erekat, travolto dallo scandalo dei Palestine Papers, i documenti riservati resi pubblici da Al Jazeera proprio in concomitanza con l’inizio della rivoluzione in Egitto, poco prima del 25 gennaio.. Poi la decisione, sempre sabato scorso, di indire elezioni presidenziali e parlamentari per il prossimo settembre, presa dal comitato esecutivo dell’OLP e resa nota dal segretario generale Yasser Abed Rabbo. Una decisione che Hamas, che controlla Gaza, ha subito rifiutato come illegittima, rendendo nella pratica impossibile lo svolgersi delle elezioni non solo in Cisgiordania e – con molti forse, stavolta per l’opposizione israeliana – a Gerusalemme est, ma anche nella Striscia di Gaza.
Dall’effetto domino scatenato non solo e non tanto da Tunisi, ma principalmente dal Cairo, la Palestina non può insomma essere esclusa, nonostante non vi siano, almeno al momento, i segnali di un movimento di giovani così importante come quello egiziano. Né, in particolare, può essere escluso Israele. La rivoluzione del 25 gennaio cambia tutto, in Medio Oriente. Non solo la stabilità delle autocrazie arabe, non solo il processo di pace, ma le stesso domande irrisolte dentro la società israeliana sul suo ruolo in Medio Oriente e sulla sua accettazione o meno, tutta culturale e interna, di far parte di questa regione e delle sue dinamiche. E’ la domanda che, ormai da settimane, viene fatta da molti intellettuali israeliani alla propria società. A prescindere dagli equilibri geopolitici.
La foto è stata scattata al Cairo, il 13 febbraio, durante la manifestazione dei lavoratori del comparto energetico, un settore che incide sui rapporti tra Egitto e Israele. E’ tratta dall’album Flickr di Hossam el Hamalawy, giornalista, blogger e attivista, specializzato sugli scioperi operai, sin dal 2006.
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