Welcome in… Israel!

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Molti amici di BoccheScucite ci leggono, nei mesi estivi, proprio dalla Palestina. E un intenso week-end ha formato i prossimi internazionali in partenza per i territori occupati con Pax Christi. Pensando a tutte e tutti loro volentieri diffondiamo questo racconto di Elisabetta, purtroppo storie di ordinaria violazione dei fondamentali diritti dell’uomo all’aeroporto di Tel Aviv.

A Tel Aviv ci sono arrivata la mattina tra il 6 e il 7 luglio alle 2 e 30 di notte. Ero tranquilla, avrei risposto alle domande che mi avrebbero fatto e, una volta fuori dall’aeroporto sarei partita subito alla volta di Gerusalemme e poi ad Hebron dove avrei partecipato ad un campo di lavoro organizzato dall’associazione IPYL in collaborazione con lo SCI Italia. Ma così non è stato.
Al controllo passaporti non mi hanno fatto passare, anzi, sono stata portata nell’ufficio del Ministero dell’Interno, dove sono ricominciate le domande. Volevano che gli dicessi che sarei andata in Palestina, io ho continuato a negare, a ribadire che ero una semplice turista, che sarei andata a Gerusalemme, sul Mar Morto..etc…

Mi hanno sequestrato il cellulare e, dopo aver scorso tutta la rubrica e visto le chiamate effettuate, hanno trovato la foto del luogo dell’incontro con l’IPYL, mi hanno urlato contro che avevo mentito, che avevo tradito Israele e che per questo sarei stata espulsa come persona non gradita in quanto potenziale pericolo. Mi hanno perquisita dalla testa ai piedi, svuotato lo zaino, acceso il pc e la macchina fotografica, sfogliato i miei libri, aperto il mio borsello senza trovare assolutamente nulla che mi identificasse come un pericolo per il loro Paese.
Da qui vengo condotta fuori dall’aeroporto e portata con un furgone blindato al centro di detenzione per immigrati di Tel Aviv. Mi fanno prendere il borsello, il cellulare e un libro dal mio zaino che rimane al piano terra, poi mi portano al piano di sopra, mi tolgono il cellulare e mi rinchiudono in una cella per non so quante ore riuscendo solamente a pretendere di poter parlare con l’ambasciata.
Dall’ambasciata mi dicono che loro devono solo attenersi al volere di Israele, non possono fare nulla, hanno potenziato i controlli in quei giorni per l’arrivo della Flytilla e io, secondo loro facevo parte di quel gruppo e non sarei potuta entrare, anzi adesso rischio di non poter rientrare per almeno tre anni.
Sono molto amareggiata, sapevo che c’era questo rischio, ma non avrei mai pensato che il loro livello di paranoia arrivasse fino a questo punto. Come può una potenza come Israele, definita tra l’altro dal nostro Presidente del Consiglio come la più grande democrazia del Medio Oriente, arrivare fino a questo punto? Espellere dei cittadini internazionali solo ed esclusivamente perchè appoggiano la causa di una popolazione totalmente privata della libertà, dei diritti fondamentali che tutti dovrebbero avere e pretendere. Edward Said diceva: non c’è cosa peggiore di essere vittima delle vittime.
Questo riassume al meglio quello che stanno subendo i palestinesi per primi, e tutti noi che vediamo la loro condizione come un ingiustizia sotto gli occhi di tutta la comunità internazionale! Non ci sarà pace fino a quando il popolo palestinese non sarà libero, questa è l’unica certezza.

Elisabetta Dini, SCI

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