Yes, we can!

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Gentile sig.Obama,

I miei colleghi insegnanti non erano d’accordo, ma io le scrivo lo stesso.
Mohammed, il direttore didattico, dandoci la bellissima notizia che probabilmente la nostra scuola di gomme a Khan al Ahmar non verrà demolita, ha aggiunto che “comunque questo non è stato un regalo di Obama, ma solo una decisione provvisoria della Corte israeliana”. Infatti, per tenere calmi i coloni del vicino insediamento di Kefar Adumim, Israele ha solo rimandato la terribile decisione di abbattere la nostra scuola e forse l’intero villaggio “in attesa di una soluzione complessiva alla questione beduina da parte del Governo israeliano”.

Anche se non ci capisco tanto di politica internazionale, ho ascoltato con attenzione quello che gli abitanti di Khan al Ahmar dicevano ieri sera sotto la grande tenda della comunità.
Insomma, è chiaro che per lo stato d’Israele noi beduini, come tutti i palestinesi, non dovremmo nemmeno esistere e invece di lasciarci vivere sulla nostra terra stanno pensando di distruggere tutti i nostri villaggi.
Mi fa paura quella parola “soluzione complessiva della questione beduina”, perché non so cosa ne sarà di noi ed ogni mattina, guardando i ragazzini giocare allegramente nel villaggio, mi chiedo sinceramente se, insieme a Dio -inshallah- chi potrà aiutarci. Ogni giorno che passa vedo le cose peggiorare sempre più disastrosamente. Non possiamo certo vivere tranquilli né tanto meno fare serenamente scuola ai nostri bambini, se vediamo su tutte le colline intorno sempre più case costruite e strade e ponti e cemento che uniscono una colonia all’altra, devastano la terra dei nostri pascoli, ci rubano l’acqua e mi sembra a volte anche l’aria per respirare…

Per questo, gentile presidente degli Stati Uniti, le scrivo perché so che, se volesse, lei potrebbe prendere delle decisioni davvero importanti per il nostro futuro. E non solo per la nostra scuola. Sembra trascorso un secolo da quando al Cairo, nel suo primo discorso da presidente degli Stati Uniti, aveva dimostrato di sapere bene che la radice di tutto è l’occupazione e la colonizzazione israeliana. Aveva detto chiaramente che “i palestinesi devono sopportare grandi e piccole umiliazioni quotidiane causate dall’occupazione. La situazione della popolazione palestinese è intollerabile. L’America non ignorerà le legittime aspirazioni dei palestinesi di dignità, opportunità future e di un proprio Stato. Questa soluzione è nell’interesse di Israele, nell’interesse della Palestina, nell’interesse dell’America e nell’interesse del mondo intero” (4 giugno 2009).

Forse però in questo momento, alla vigilia delle elezioni, la sua preoccupazione principale non è la nostra sorte, ma piuttosto il voto degli americani che lo devono rieleggere. Sappia però che la gran parte dei palestinesi ha ormai perso la speranza in un intervento americano per evitare la catastrofe. Se le scrivo, però, è perché, da insegnante, ho imparato a far leva sulle capacità di bene di ogni persona, sia esso un mio alunno beduino o il presidente degli Usa.

Si dice, tra l’altro, in queste settimane, che la indiscutibile e incrollabile amicizia americana di Israele, in realtà sarebbe una fiaba. Lei ripete spesso: “noi abbiamo da sempre e coltiveremo sempre di più il legame tra gli Usa e Israele. Un’amicizia durevole e unica, ancorata ai nostri comuni interessi e valori profondamente radicati”. D’altra parte il suo rivale repubblicano, Mitt Romney, va ben oltre, sostenendo che non c’è “un centimetro di differenza tra noi e il nostro alleato Israele”. Ma ad di là di questa dichiarazione di “amore imperituro”, sembra che i vertici militari statunitensi siano profondamente in disaccordo con Israele. In particolare perché voi americani non state appoggiando la precisa e insistente volontà israeliana di attaccare l’Iran.

Magari, Mr. Obama, fosse vero che non siete del tutto ciechi di fronte all’arroganza di Israele che ci sta sistematicamente opprimendo e magari fosse vero che non siete del tutto sordi ai mille inviti della comunità internazionale per mettere alle strette il governo israeliano che, solo, ha in mano le chiavi della pace!

Insomma, se è vero che in queste settimane possiamo riprendere l’anno scolastico, non possiamo fingere di non vedere all’orizzonte non solo avanzare il mostruoso insediamento di Maaleh Adumim, ma soprattutto proseguire il disegno distruttivo di Israele.
L’editoriale di Haaretz del 14 settembre titolava: “Gerusalemme: capitale della discriminazione”. Ancora una volta si scriveva che “la condizione dei migliaia di abitanti arabi di Gerusalemme Est è sempre più drammatica” e si parlava proprio delle scuole, discriminate rispetto a quelle di Gerusalemme Ovest.

Io posso solo dirle che i miei ragazzini che stamattina festeggiano perché la loro scuola è ancora in piedi, presto diventeranno grandi e per il loro futuro non basterà leggere qualche articolo più coraggioso né ascoltare un discorso pieno di promesse del presidente americano.

Cordialmente,
Sheeren, insegnante della scuola del villaggio di Khan al Ahmar.

BoccheScucite ha immaginato questa lettera per augurare a tutti i bambini palestinesi un buon anno scolastico.

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