Zona di esclusione la denuncia del Rapporto di Amnesty International

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Con la usuale rigorosità AMNESTY INTERNATIONAL, nel nuovo Rapporto 2011, denuncia al mondo le condizioni in vivono milioni di palestinesi nei Territori Occupati e a Gaza a causa dell’occupazione militare israeliana, della colonizzazione e dell’embargo.
BOCCHESCUCITE ne pubblica un’ampia sintesi che vi suggeriamo di utilizzare come preziosa fonte di dati statistici ufficiali a riprova della drammatica involuzione di una crisi che non è solo umanitaria, ed economica, ma che va a ledere i diritti politici, civili e di sopravvivenza di un intero popolo.

NEL CORSO DEL 2011 L’esercito israeliano ha mantenuto controlli draconiani sul movimento dei palestinesi nei Territori Palestinesi Occupati (Occupied Palestinian Territories – Opt), compreso un blocco sulla Striscia di Gaza che ha acuito le difficoltà per l’intera popolazione di 1,5 milioni di abitanti, rendendoli di fatto prigionieri.
Le autorità israeliane hanno rifiutato o rinviato le richieste di permessi per uscire da Gaza presentati da centinaia di palestinesi che avevano bisogno di cure mediche specialistiche; alcuni sono morti per questo diniego. La maggior parte degli abitanti di Gaza dipendeva dagli aiuti internazionali, che sono stati gravemente ostacolati dal blocco. A maggio, le forze israeliane hanno ucciso nove uomini a bordo di una flottiglia umanitaria in acque internazionali, che intendeva infrangere il blocco.

In Cisgiordania, le possibilità di movimento dei palestinesi sono state fortemente ostacolate da centinaia di posti di blocco e barriere israeliani e dai 700 km del muro/barriera che Israele ha continuato a costruire, in larga parte all’interno della Cisgiordania. È cresciuto in modo preoccupante il numero di demolizioni da parte delle autorità israeliane di case, cisterne dell’acqua e altre strutture palestinesi nella Cisgiordania, colpendo migliaia di persone.
Le autorità israeliane hanno inoltre distrutto abitazioni dei villaggi beduini nel sud d’Israele. È ripresa l’espansione di insediamenti illegali sui terreni palestinesi confiscati, in parte bloccati fino al 26 settembre. Israele non ha condotto indagini adeguate sui presunti crimini di guerra e altre gravi violazioni del diritto internazionale da parte delle proprie forze durante l’operazione “Piombo fuso”, l’offensiva di 22 giorni che ha colpito Gaza tra dicembre 2008 e gennaio 2009, nel corso della quale furono uccisi quasi 1400 palestinesi, compresi oltre 300 bambini. I soldati e i coloni israeliani che avevano commesso gravi abusi nei confronti dei palestinesi, tra cui uccisioni illegali, aggressioni e attacchi a proprietà, nella maggior parte dei casi non sono stati chiamati a rispondere dei loro crimini. Le forze di sicurezza israeliane hanno ucciso 33 civili palestinesi negliOpt, inclusi otto bambini. Centinaia di palestinesi sono stati arrestati e detenuti dalle forze di sicurezza; almeno 264 sono stati trattenuti senza accusa né processo, in base a ordinanze di detenzione amministrativa, alcuni anche per oltre due anni. Le denunce di tortura e altri maltrattamenti sono state frequenti, ma rare sono state le indagini avviate.
Nelle carceri israeliane rimanevano circa 6000 palestinesi, molti a seguito di processi militari iniqui. Gli obiettori di coscienza al servizio militare israeliani hanno continuato a essere incarcerati.

BLOCCO DI GAZA E CRISI UMANITARIA
Il blocco della Striscia di Gaza, in vigore dal giugno 2007, ha soffocato l’economia e fatto sprofondare nella povertà la sua popolazione. In un contesto di problemi persistenti di ordine medico e igienico-sanitario, di povertà e malnutrizione, circa l’80 per cento dei residenti di Gaza è stato costretto a dipendere dagli aiuti umanitari, il cui flusso è stato ostacolato dal blocco. La grave mancanza di beni ha causato l’impennata dei prezzi.
La maggior parte dei progetti di ricostruzione delle Nazioni Unite per fornire ambulatori medici e scuole ha dovuto essere rimandata; di conseguenza, circa 40.000 bambini palestinesi, che avrebbero dovuto iniziare a settembre la scuola con l’aiuto delle Nazioni Unite, hanno dovuto rinunciarvi.
Di fatto tutti gli abitanti di Gaza sono risultati intrappolati nella piccola enclave, compresi pazienti gravemente ammalati che necessitavano di cure mediche altrove e molti studenti e lavoratori che desideravano studiare o intraprendere un’occupazione all’estero. Soltanto un numero relativamente esiguo ha potuto uscire da Gaza.
A maggio, truppe israeliane hanno intercettato con la forza una flottiglia internazionale che intendeva infrangere il blocco. Hanno ucciso nove delle persone che erano a bordo e ne hanno ferite oltre 50, alcune gravemente. Diversi soldati israeliani sono rimasti feriti. Sull’attacco sono state aperte varie inchieste, comprese due delle Nazioni Unite.
A settembre, il team investigativo nominato dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha concluso che “i soldati israeliani avevano impiegato forza letale in maniera diffusa e arbitraria, causando un numero ingiustificatamente elevato di morti e feriti gravi”.
La commissione d’inchiesta nominata dal governo israeliano era priva di indipendenza e trasparenza. A seguito delle critiche internazionali a questo attacco, il governo ha annunciato un parziale alleggerimento del blocco, anche se insufficiente a migliorare in maniera significativa le condizioni a Gaza. Israele ha continuato a vietare tutte le esportazioni di beni da Gaza fino all’8 dicembre e, alla fine dell’anno, l’annunciato allentamento delle restrizioni sulle esportazioni non era stato ancora attuato. Amnesty International ha ribadito che il blocco costituisce una punizione collettiva in violazione del diritto internazionale umanitario e ha ripetutamente chiesto che fosse tolto.

RESTRIZIONI IN CISGIORDANIA
Le centinaia di posti di blocco militari e barriere israeliani hanno limitato il movimento dei palestinesi in Cisgiordania, ostacolando o bloccando l’accesso ai posti di lavoro, a strutture sanitarie e scuole e ad altri servizi.
Alla fine dell’anno, era stata completata la costruzione di circa il 60 per cento dei 700 km pianificati del muro/barriera; oltre l’85 per cento del suo intero percorso è in terra palestinese, all’interno della Cisgiordania. Il muro/barriera ha separato migliaia di palestinesi dai loro terreni agricoli e dalle risorse d’acqua, mentre i palestinesi della Cisgiordania in possesso di permessi d’ingresso hanno potuto accedere a Gerusalemme Est soltanto attraverso tre dei 16 posti di blocco lungo il muro/barriera. Ciò ha avuto conseguenze particolarmente gravi per i pazienti e il personale medico che cercavano di raggiungere i sei ospedali specialistici palestinesi di Gerusalemme Est.
I palestinesi hanno continuato a veder loro negato l’accesso a vasti appezzamenti di terreno nei pressi delle colonie israeliane, fondate e mantenute in violazione del diritto internazionale;
il numero di coloni della Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, ha superato il mezzo milione.

DIRITTO A UN ALLOGGIO ADEGUATO – SGOMBERI FORZATI
I palestinesi residenti in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, hanno incontrato restrizioni talmente rigide riguardo a ciò che potevano costruire che il loro diritto a un alloggio adeguato è risultato disatteso. Sgomberi forzati sono stati attuati in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, con la motivazione che le case erano state fatte innalzare senza autorizzazione, praticamente impossibile da ottenere per i palestinesi. Squadre di demolizione, accompagnate da agenti della sicurezza, arrivavano generalmente senza preavviso, dando alle famiglie scarsa possibilità di portare via i loro beni. Ai sensi del codice militare israeliano, applicato ai palestinesi in gran parte della Cisgiordania, non è previsto che le famiglie sgomberate siano reinsediate o risarcite. Ai palestinesi di Gerusalemme Est è andata poco meglio sotto le autorità civili israeliane. Nel 2010, le autorità israeliane hanno demolito 431 strutture nella Cisgiordania e a Gerusalemme Est, con un aumento del 59 per cento rispetto al 2009. Almeno 594 palestinesi, di cui quasi la metà erano bambini, sono stati sfollati dopo che le loro abitazioni erano state demolite per ordine delle autorità israeliane, mentre oltre 14.000 palestinesi hanno subito le conseguenze della distruzione di cisterne dell’acqua, pozzi e altre strutture necessarie per il loro sostentamento.

USO ECCESSIVO DELLA FORZA
Le forze di sicurezza israeliane hanno fatto un uso eccessivo della forza contro civili palestinesi, compresi manifestanti pacifici, nella Cisgiordania e a Gaza, così come contro contadini, pescatori e altre persone che lavoravano nelle “zone di esclusione” stabilite da Israele, all’interno di Gaza o delle acque costiere. Secondo l’Ufficio dell’Onu per il coordinamento degli affari umanitari, nel 2010, 33 civili palestinesi, inclusi otto bambini, sono stati uccisi negli Opt dalle forze armate israeliane. Quindici civili palestinesi, inclusi quattro bambini, sono stati uccisi e più di 100 feriti dalle truppe israeliane con il compito di far rispettare i 1500 mq di “zona di esclusione” all’interno dei confini nord ed est di Gaza e le restrizioni marittime.

IMPUNITÀ
Soldati israeliani, membri delle forze di sicurezza e coloni hanno continuato a godere dell’impunità per le violazioni dei diritti umani commesse ai danni dei palestinesi, comprese uccisioni illegali. Tra le violenze compiute dai coloni ci sono state sparatorie contro i palestinesi e distruzione delle loro proprietà. Soltanto in casi estremamente rari i responsabili sono stati chiamati a rispondere per le loro azioni.
Secondo un rapporto dettagliato sull’impunità pubblicato a ottobre dall’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem, tra il 2006 e il 2009 i militari israeliani hanno ucciso 1510 palestinesi, escludendo quelli uccisi durante l’operazione “Piombo fuso”.
Di questi, 617, tra cui 104 minori di 18 anni, non prendevano parte ad alcuna ostilità quando sono stati uccisi. B’Tselem ha invocato un’inchiesta sulle 288 uccisioni commesse in 148 episodi, la maggior parte delle quali nella Striscia di Gaza; soltanto in 22 casi sono state avviate indagini, la maggior parte in Cisgiordania. B’Tselem ha riferito che a un mese dall’episodio soltanto in quattro casi era stata aperta un’indagine. Due inchieste si erano concluse con l’archiviazione, senza alcun procedimento nei confronti dei soldati coinvolti.

SISTEMA GIUDIZIARIO – DETENZIONI SENZA PROCESSO
Israele ha continuato a imporre un sistema di detenzione amministrativa in base al quale i palestinesi sono trattenuti per periodi prolungati senza accusa né processo. Nel 2010 almeno 264 palestinesi erano sottoposti a ordini di detenzione amministrativa. Alcuni erano trattenuti da più di due anni.

CONDIZIONI CARCERARIE – VISITE FAMILIARI NEGATE
Circa 680 palestinesi hanno continuato a vedersi negate le visite dei familiari, alcuni per il terzo anno, poiché ai palestinesi di Gaza, da quando era stato imposto il blocco, veniva impedito di recarsi in Israele, dove si trovavano i prigionieri.

PROCESSI INIQUI
I palestinesi degli Opt sottoposti al sistema di giustizia militare di Israele hanno continuato a incorrere in un’ampia gamma di violazioni del loro diritto a un processo equo.
Essi vengono abitualmente interrogati senza un avvocato e, sebbene si tratti di civili, sono processati da tribunali militari e non ordinari.

TORTURA E ALTRI MALTRATTAMENTI
Sono pervenute frequenti e attendibili accuse di tortura e altri maltrattamenti, anche di bambini. Tra i metodi più comunemente usati figurano percosse, minacce al detenuto o alla sua famiglia, privazione del sonno e l’essere tenuti in posizioni dolorose per lunghi
periodi. Le confessioni che si presume siano state ottenute sotto minaccia sono state accettate come prove nei tribunali israeliani militari e civili.

LIBERTÀ DI ESPRESSIONE E DI ASSOCIAZIONE
Sono aumentati gli arresti, i processi e le carcerazioni di persone che partecipavano a proteste non violente contro il muro/barriera. Le autorità hanno spesso fatto ricorso all’Ordinanza militare 101, che vieta un raduno di 10 o più persone “a scopo politico o per una motivazione che potrebbe essere interpretata come politica”, a meno di non ottenere prima un permesso da parte di un comandante militare israeliano.

PRIGIONIERI DI COSCIENZA – OBIETTORI DI COSCIENZA ISRAELIANI
Sono stati incarcerati almeno 12 israeliani obiettori di coscienza al servizio militare.

La versione integrale del RAPPORTO AMNESTY è scaricabile dal sito: www.amnesty.it

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